“Ode alla tristezza” di Ghayath Almadhoun

Traduzione di Pina Piccolo

Ti amiamo Europa, vecchio continente. Non so perché ti chiamino vecchio quando sei giovane in confronto all’Egitto o alla Mesopotamia.

Ti amiamo Europa, e paghiamo anche noi le tue tasse come fanno gli uomini bianchi e tolleriamo la variabilità del tuo umore che rassomiglia al tuo clima, accettiamo persino la grave carenza di vitamina D dovuta ai tuoi inverni senza sole. Ti amiamo e ci rattrista il fatto che non ci abitueremo mai a questo buio tetro dei tuoi lunghi inverni. Pure i nostri amici europei, cioè gli autoctoni nati nel tuo freddo nord da madri e padri ariani, come noi soffrono di depressione e della carenza di vitamina D proprio perché, secondo la teoria dell’evoluzione, sono anche loro degli homo sapiens e provengono dall’Africa. I tuoi veri abitanti originari, intendo dire i Neanderthal la cui evoluzione avvenne durante l’Era Glaciale in modo da poter sopportare l’inverno, ora sono estinti.

Ti amiamo Europa e ammettiamo pure di essere arrivati a te da nazioni arretrate del Terzo Mondo, come le chiamate. Per quanto riguarda me, vengo da Damasco e ho sopportato tanti cliché, stereotipi e preconcetti da parte dei tuoi poeti e scrittori.
Sebbene mi consideri femminista, sono infastidito da e non ne posso più delle costanti domande superficiali sulla condizione femminile in Medio Oriente. Non mi faccio problemi a riconoscere che in Siria le donne hanno ottenuto il diritto al voto solo nel 1949, ma in Svizzera, la capitale dei tuoi soldi e dei soldi delle nostre dittature e dei loro conti bancari segreti, le donne hanno ottenuto il diritto al voto solo nel 1971 e non in tutti i cantoni, e, santo cielo! il cantone di Appenzell Innerrhoden non ha concesso pieni diritti di voto alle donne fino al 1991!

Ti amiamo Europa, amiamo la libertà che ci hai concesso quando ci siamo rifugiati tra le tue braccia e fingiamo di non notare il razzismo che cerchi di spazzare sotto il tappeto quando pulisci il soggiorno.

Ti amiamo Europa, padrona del passato coloniale, assassina degli abitanti originari, sanguisuga di popoli, dall’India al Congo, dal Brasile alla Nuova Zelanda.
Padrona dell’inquisizione, hai arso vivo le donne accusandole di stregoneria, signora della tratta di schiavi neri trasportati al Nuovo Continente, creatrice dell’apartheid nel Sud Africa, fondatrice del fascismo e del nazismo, inventrice della soluzione finale per sterminare gli ebrei, soluzione finale per la quale fu decretato che nascessi nel campo rifugiati di Yarmouk a Damasco perché tu, Europa, hai avuto l’arroganza di consegnare la mia patria, la Palestina, in pagamento, rimborso e soluzione per l’Olocausto perpetrato da quei tuoi abitanti bianchi che credono nella purezza della razza ariana.

Ti amiamo Europa e siamo possessori di tuoi passaporti che ci aprono porte con la stessa facilità con cui le tue pallottole hanno straziato le carni di milioni di algerini che desideravano godersi la libertà auspicata dalla tua rivoluzione francese.

Ti amiamo Europa. Amiamo la tua arte ma odiamo la tua storia coloniale, amiamo il tuo teatro ma odiamo i tuoi campi di concentramento, amiamo la tua musica ma odiamo il tonfo delle tue bombe, amiamo la tua filosofia ma odiamo Martin Heidegger, amiamo la tua letteratura ma odiamo l’orientalismo, amiamo la tua poesia ma odiamo Ezra Pound, amiamo la libertà di espressione all’interno dei tuoi confini ma odiamo l’islamofobia, amiamo la tua civiltà avanzata, la tua laicità, le tue leggi giuste e i diritti umani sul tuo territorio, ma odiamo il tuo razzismo, i tuoi due pesi e due misure, la tua visione arrogante e la tua sanguinosa storia.

Prenditi il nazismo e dacci Immanuel Kant
Prenditi le camicie nere e dacci i vini italiani
Prenditi il genocidio in Algeria e dacci Baudelaire
Prenditi Leopoldo II e dacci René Magritte
Prenditi Adolf Hitler e dacci Hannah Arendt
Prenditi Franco e dacci Cervantes
Prenditi le tue cose e lasciaci prendere le nostre.

Per gentile concessione dell’autore.

Ripubblicato dall’articolo apparso il 17 aprile 2018 in. Europe Now (Council for European studies-CES) e tradotto in italiano da Piccolo basandosi sulla traduzione inglese dall’arabo di Catherine Cobham, rivista da Sana Darghmouni.
“Ode alla tristezza” è stata originariamente commissionata per il Festival di Letteratura Internazionale Winternachten tenutosi nel 2018 all’Aja, nei Paesi Bassi. Il festival aveva chiesto a Ghayath Almadhoun di riscrivere “L’inno alla gioia”, scritto e composto da Schiller e Beethoven e adottato come Inno d’Europa nel 1972 dal Consiglio d’Europa.

Nato nel 1979 Ghayath Almadhoun è un poeta siro-palestinese- svedese, nato e cresiuto in un campo rifugiati di Damasco. Nel 2006, assieme al poeta siriano Lukman Derky è stato co-fondatore di Bayt al-Qasid, cioè la “Casa della Poesia” di Damasco. Ha pubblicato quattro libri in arabo e le sue opere sono state tradotte in numerose lingue. Nel 2014, in collaborazione con la poeta svedese Marie Silkeberg ha pubblicato “Till Damaskus” in Svezia. Nel 2017, la casa editrice statunitense Action Book ha pubblicato una selezione dalla sua raccolta Adrenalin nella traduzione di Catherine Cobham.
Catherine Cobham è a capo della facoltà di Letteratura araba e persiana dell’università di St. Andrews e ha tradotto le opera di molti scrittori di lingua araba , tra cui Naguib Mahfouz, Mahmoud Darwish, Fuad al-Takarli, Yusuf Idris, e Hanan al-Shaykh.