FridaysForFuture: il clima cambia… Parola ai giovani!

di Valentina Angeli,FridaysForFuture Trento
Foto di Roberta Pisani

Suona l’allarme antincendio. Gli occhi guardano da una direzione all’altra. Un nodo alla gola, un urlo, la paura di perdere tutto. Le fiamme si stanno avvicinando, c’è caldo, ma noi sentiamo solo i brividi di terrore. Una voce lontana ci sollecita a prenderci per mano, a cercare una via di fuga con ordine. Afferriamo con le nostre dita palmi sconosciuti, non abbiamo alternative. Quando il fuoco passa non fa discriminazione, prende tutto.

Questo è il sentimento, il motivo che spinge migliaia di ragazzi da tutto il mondo a scendere per le strade, a chiedere giustizia per il loro Pianeta. L’incendio lo vediamo sui televisori, lo leggiamo sulle riviste e ne osserviamo gli effetti. Dalla Terra al mare i superstiti sono sempre meno: i polmoni della Terra, le foreste, si stanno atrofizzando, lasciando spazio a campi di mangimistica che condurranno alla desertificazione; i coralli stanno morendo e i loro abitanti anche; il normale equilibrio tra i componenti dell’aria (azoto, argon, ossigeno, anidride carbonica) si sta alterando e causa danni a tutti gli esseri che lo respirano.

Ma chi ha provocato l’incendio? Il processo di sviluppo seguito negli ultimi 50 anni ha tenuto troppo conto del profitto, spesso non condiviso, a scapito dell’ambiente e delle sue risorse. Dal primo al terzo settore non è stato preso in considerazione l’impatto che le azioni umane, intense e invasive, possono arrecare. Così da qualche piccola fiamma siamo in poco tempo passati a registrare grandi cali di biodiversità animale e vegetale. L’andamento del clima è sempre stato fedele a sé stesso: in costante aumento di 0,85° C annui.

Chi ha diffuso l’allarme? Il primo grido di consapevolezza, rabbia, paura e grinta è finalmente giunto tra le fila della gente. Lo scorso settembre a Stoccolma, Greta Thunberg si rifiutò di andare a scuola, di investire in un futuro incerto, con un pavimento che si stava (e sta) sgretolando, per impegnarsi invece in un cambiamento hic et nunc. L’allarme si è diffuso in particolare dopo l’incontro alla COP24 tenutesi a Katowice, in Polonia, lo scorso dicembre. In quell’occasione venne sottolineato che i provvedimenti, presi fino a quel momento per migliorare le condizioni climatiche, non erano stati sufficienti. Greta fu in grado di incidere dei punti esclamativi di fronte all’urgenza di mutare atteggiamento. In questo modo, il movimento divenne sempre più capillare, coinvolgendo fasce della popolazione diverse. Tutt’ora, ogni giorno, pone nuove radici, cercando di farsi spazio tra le priorità. Così si sono formati il movimento internazionale “FridaysForFuture”, gli scioperi, e il volere di esigere di più dai nostri governi. Nonostante il messaggio si propaghi con una buona dinamicità, deve continuare a ramificarsi fino ad elevare la scienza sullo stesso piano dell’economia, per avere un dialogo aperto e benefico con tutta la popolazione, nessuno escluso.

Come evitare di peggiorare la situazione? Ci piace definirci “la società del progresso”, non possiamo tirarci indietro di fronte alla più impellente e necessaria delle sfide. Se infatti da un lato siamo l’opposizione a un sistema che non possiamo più condividere, dall’altro abbiamo l’intento di proporre un cammino di costruzione, dall’educazione all’azione. L’affluenza di persone deve essere una macchia in continua espansione. Riunirsi da subito e crescere deve diventare il motivo di forza su cui cucire i punti che riuniscano i margini delle ferite che abbiamo arrecato al Pianeta.

Un trampolino di lancio, il prodotto degli scioperi settimanali che lo hanno preceduto, così amo definire la data del 15 marzo, giorno di manifestazione globale per la lotta contro i cambiamenti climatici. La data del 15 marzo, inoltre, sarà il simbolo di una battaglia per il clima sia sempre più sistematica, organizzata e propositiva, sia inesauribile fino a che non otterrà risultati concreti.